Dream Theater  -Tour 2014-Obihall -Firenze 21-01-2014

Tre ore di live che hanno infiammato l’Obihall. Il quintetto americano regala un concerto spettacolare al pubblico fiorentino. Tra passato, presente e futuro. La recensione di Annamaria Pecoraro.

Due atti di pura magia prog- metal, che solo “umili” professionisti come i Dream Theater sanno regalare. Sound elettrico e ritmi incandescenti che scaldano la temperatura dell’Obihall di Firenze. Dopo ben 10 anni, tornano a calcare la scena fiorentina. Il pubblico gradisce e accompagna con la voce i riff lunghissimi di John Myung al basso e John Petrucci alla chitarra.

La classe non è acqua, e con maestria, troviamo alla batteria Mike Mangini, acclamato nell’assolo di “Enigma Machine”. Sarà forse meno scenico del precedente collega Mike Portnoy, ma altrettanto ricco di personalità. La voce di James La Brie, tiene in alto le note e fa volare il tempo, il tutto accentuato dalle tastiere di Jordan Rudess.

Un quintetto di classe che rimbomba con energia in “The Enemy Inside” e “The shattered fortress”. Instancabili in “On the backs of Angels” (premiata con un Grammy Awards) o “The looking Glass”. Insuperabili in “Trial of tears” o “Along for the ride”.

Sembra di vivere un sogno e facile è perdersi nel gioco di luci, nei loro marchingegni sonori, negli arpeggi di tastiera. Ma sono proprio loro, a ricordare la realtà in “Breaking all Illusions”.

Piccoli video sketch, rivelano quanto questo gruppo sia avanti e abbia capito il connubio di essere tra la gente e in mezzo alle esigenze tecnologiche, con ironia. Portando così alla luce sorrisi e mostrano come sono visti “Around the word”.

Eh si, perché i Dream Theatrer celebrano due anniversari, il ventennale di “Awake” e un venticinquesimo di “When Dream and Day Unite”. “The Mirrow”, “Lie”, “Lifting shadows off a dream”, “Scarred”, Space-Dye Vest”, sono solo esempi di quanto la loro musica sia diventata la “Illumination Theory” per molti fan e/o gruppi nascenti. Un elogio alla loro sana follia musicale che ritrova il consenso del pubblico di ogni età.

E poi un salto nel passato con “Ouverture 1928”. Sicuramente un “Strange déjà vu”, che dipinge e fa ballare in “The dance of Eternity”, lasciandoci con una “Finally Free”, e con il loro sound intenso nelle vene, per molto tempo.

Annamaria Pecoraro

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